Negli ultimi 25 anni il consumo del pane in Italia è sceso del 40%. La segnalazione, non nuova, conferma quello che da tempo le Associazioni dei panificatori denunciano con forza da tempo in tutte le sedi, compresa quella del rinnovo del Contratto Nazionale di Lavoro per gli Addetti della Panificazione; rinnovo contrattuale che vede i rappresentanti delle Associazioni dei panificatori su posizioni di estrema cautela a fronte di rivendicazioni salariali di Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil che non tengono conto dell’andamento di mercato del settore del pane, come se tutto ciò fosse una variabile indipendente e non anche una delle determinanti dei risultati economici delle Aziende.
Adesso a conferma delle denunce di crisi avanzate al Tavolo negoziale da Assopanificatori Confesercenti arrivano i dati dell’Italmopa (Associazione Industriali Mugnai d’Italia) che in una nota riportata dall’Ansa afferma che: “Gli impieghi di farina di frumento tenero per la produzione di “pane” e “sostituti del pane” nel 2015, sono calati dell’1,6% rispetto al 2014, l a riduzione ha riguardato essenzialmente il prodotto “pane” e appare riconducibile ad un cambiamento delle abitudini alimentari degli italiani. Consumi che si attestano ormai a meno 43 kg. pro capite, un livello largamente inferiore rispetto quello di altri Paesi comunitari (95 kg. Romania, 81 kg. Germania, 52 kg. Polonia, 48 kg. Spagna e il Regno Unito, 47 kg. Francia).
“Sono dati molto preoccupanti – ha commentato il Presidente di Assopanificatori Davide Trombini – che rendono urgenti azioni di sostegno alla rivalutazione del “Prodotto pane” nell’alimentazione, con una promozione attenta e puntuale che passi sia per il Ministero della Salute che per quello dell’Agricoltura, nelle diete alimentari, e rivaluti le produzioni di qualità e di filiera nazionale”.
“Questi dati – aggiungono Vinceslao Ruccolo e Benvenuto Pagnoni – Vice Presidenti Assopanificatori – confermano che è necessaria una forte revisione delle strategie aziendali con azioni che tendano alla riduzione dei costi aziendali delle imprese artigiane della panificazione; e tuttavia ci sembra che qualcosa non torni perchè da una parte, a fronte dell’aumento delle materie prime, non corrisponda un adeguamento aumento del prezzo del pane che è fermo da dieci anni; e dall’altro registriamo la riduzione del costo del grano (- 65% rispetto al 2013) senza che questo coincida con una riduzione del costo delle farine. Quindi i consumi di pane vanno giù, i prezzi sono fermi da tempo, il grano perde valore, ma il costo delle farine aumentano…qualcosa non torna.”
E’ una situazione quella del comparto della panificazione e del comparto cerealicolo che abbisogna dell’azione mediata del Governo che non può, a questo punto, evitare di porsi il problema delle migliaia di panifici italiani con i centomila addetti censiti fino ad oggi. Ma è una questione sulla quale gli stessi rappresentanti dei lavoratori del settore debbono svolgere una riflessione senza limitarsi al solito canovaccio delle rivendicazioni salariali avanzate in assenza di una più articolata azione di mobilitazione a difesa dell’occupazione nel settore. Se si prosegue su questa strada il rischio è che migliaia di piccole aziende saltino.