Sulla vicenda dei sacchetti di plastica, che ormai da giorni sta occupando intere pagine dei giornali e imperversa sui media in genere, il Ministero dell’Ambiente è intervenuto con una Circolare della Direzione Generale per i Rifiuti e l’Inquinamento, pubblicata sul sito istituzionale, con cui ha inteso fornire alcuni chiarimenti in risposta ai quesiti pervenuti in merito all’interpretazione delle disposizioni introdotte dall’art. 9-bis del Decreto Legge 20 giugno 2017, n. 91 (Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno), come convertito in Legge 3 agosto 2017, n. 123, in attuazione degli obblighi contenuti nella Direttiva 2015/720/UE in materia di riduzione dell’utilizzo di borse di plastica.
La Circolare conferma in toto l’interpretazione data da questo Ufficio con nota Prot. n. 4591.11/2017 GDA, dell’8 novembre 2017, oltre che con note tecniche comunicate alla Fies e pubblicate sul sito della Federazione degli Alimentaristi della Confesercenti.
Solo allo scopo di ribadire ciò che ci era apparso già chiaro, riportiamo dunque una sintesi di quanto esplicitato dal Ministero.
Buste di plastica commercializzabili
Si ritiene utile riassumere la disciplina dell’utilizzo delle borse di plastica fornite ai consumatori per il trasporto di merci o prodotti.
Dal 1° gennaio 2018 sono commercializzabili negli esercizi di vendita di qualsiasi tipologia esclusivamente:
1. Borse di plastica riutilizzabili con maniglia esterna alla dimensione utile del sacco:
- Con spessore della singola parete superiore a 200 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 30 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari
- Con spessore della singola parete superiore a 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari
2. Borse di plastica riutilizzabili con maniglia interna alla dimensione utile del sacco:
- Con spessore della singola parete superiore a 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 30 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari
- Con spessore della singola parete superiore a 60 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10 per cento fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari
3. Borse di plastica biodegradabili e compostabili certificate da organismi accreditati e rispondenti ai requisiti di biodegradabilità e di compostabilità
4. Borse ultraleggere biodegradabili e compostabili di spessore inferiore a 15 micron, realizzate con almeno il 40% di materia prima rinnovabile, ai fini di igiene fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi, come frutta, verdura ed altri alimenti che non siano già stati preincartati dal produttore
Obbligo di far pagare tutte le borse di plastica ammesse al commercio
L’art. 226 bis, comma 2, D. Lgs. n. 152/2006 dispone che le borse di plastica biodegradabili e compostabili, nonché le borse di plastica riutilizzabili “non possono essere distribuite a titolo gratuito e, a tal fine, il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti trasportati per il loro tramite”.
Parimenti, l’art. 226-ter, comma 5 del medesimo D. Lgs. n. 152/2006 dispone che le borse ultraleggere “non possono essere distribuite a titolo gratuito e, a tal fine, il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti imballati per il loro tramite”.
L’obbligo di pagamento delle borse ultraleggere, che trova la sua ratio nell’esigenza di avviarne una progressiva riduzione della commercializzazione, decorre dal 1° gennaio 2018.
Se ne evince che tutte le borse di plastica elencate ai numeri dall’1 al 4, indipendentemente dalla tipologia dell’esercizio, sono cedute al consumatore obbligatoriamente a pagamento riportando il prezzo sullo scontrino fiscale o sulla fattura d’acquisto, altrimenti applicandosi la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 25.000 euro, aumentata fino al quadruplo del massimo se la violazione del divieto riguarda ingenti quantitativi di borse di plastica oppure un valore di queste ultime superiore al 10 per cento del fatturato del trasgressore, nonché in caso di utilizzo di diciture o altri mezzi elusivi degli obblighi.
Utilizzo di borse portate dall’esterno per asporto prodotti sfusi
Sulla possibilità che le borse ultraleggere vengano portate dall’esterno dell’esercizio commerciale da parte dei consumatori, il Ministero si è così espresso:
“Un ulteriore chiarimento è relativo, anche al fine del coordinamento con le regole di sicurezza alimentare e igiene degli alimenti come previste dal comma 3 dell’art. 226-ter, D. Lgs. n. 152/2006, alla possibilità, da parte del consumatore che non intende pagare la borsa ultraleggera, di utilizzare, al posto della stessa, imballaggi portati dall’esterno del negozio. (…) Ancorché qualunque pratica volta a ridurre l’utilizzo di nuove borse di plastica risulti indubbiamente virtuosa sotto il profilo degli impatti ambientali, si ritiene che sul punto la competenza a valutarne la legittimità e la conformità alle normative igienico-alimentari richiamate nel citato comma 3 dell’art. 226-ter spetti al Ministero della Salute. Lo stesso Dicastero, allo stato, è orientato a consentire l’utilizzo di sacchetti di plastica monouso, già in possesso della clientela, che però rispondano ai criteri previsti dalla normativa sui materiali destinati a venire a contatto con gli alimenti. Tali sacchetti dovranno risultare non utilizzati in precedenza e rispondenti a criteri igienici che gli esercizi commerciali potranno definire in apposita segnaletica e verificare, stante la responsabilità di garantire l’igiene e la sicurezza delle attrezzature presenti nell’esercizio e degli alimenti venduti alla clientela”.
È chiaro però che detta dichiarazione, fin quando non troverà riscontro in una precisa indicazione da parte del Ministero della Salute, lascia il tempo che trova.
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Ulteriori indicazioni
Sulla base di alcune risposte a quesiti fornite dal Ministero dell’Ambiente, possiamo aggiungere che:
Preincarti
“Per quanto concerne gli imballi in plastica ultraleggera utilizzati per il preincarto e quindi per il confezionamento dei prodotti in punto vendita a cura dell’operatore commerciale, sia la normativa comunitaria che la norma nazionale di recepimento non prevedono differenziazioni basate sul tipo di alimento sfuso (ad es. ortofrutta da un lato e carni, latticini, pesce ecc. dall’altro) o su chi provveda a confezionarlo (il consumatore o il personale del punto vendita); non si ravvisano, quindi, disposizioni derogatorie che possano giustificare l’applicazione di esenzioni per le borse utilizzate nei banchi del fresco o altre lavorazioni effettuate nei punti vendita (panetteria, carni, ecc.…). Pertanto, il divieto di distribuzione a titolo gratuito di cui all’art. 226-ter, comma 5 del D. Lgs. 152 del 2006 risulta applicabile a tutte le tipologie di borse di plastica in materiale ultraleggero che non siano utilizzate per il confezionamento direttamente dal produttore della merce. Ciò detto, la Legge 3 agosto 2017, n. 123 che ha novellato il D. Lgs. 152 del 2006 ha specificato, che “nell’applicazione delle misure di cui ai commi 1 e 2 sono fatti comunque salvi gli obblighi di conformità alla normativa sull’utilizzo dei materiali destinati al contatto con gli alimenti adottata in attuazione dei Regolamenti (UE) n. 10/2011, (CE) n. 1935/2004 e (CE) n. 2023/2006, nonché il divieto di utilizzare la plastica riciclata per le borse destinate al contatto alimentare”.
“A decorrere dal 1° gennaio 2018 i produttori di borse di plastica ultraleggere dovranno fornire borse idonee a garantire il rispetto dei requisiti stabiliti da entrambe le discipline”.
Smaltimento delle scorte
“Nel ricordare che la nuova disciplina ha concesso un periodo transitorio sino al 1° gennaio 2018 al fine di consentire ai produttori e distributori di borse di plastica ultraleggere di conformarsi gradualmente alle nuove disposizioni, si osserva che la richiesta formulata di poter smaltire gratuitamente ai consumatori le borse non commercializzabili vanificherebbe l’obiettivo della norma volta alla riduzione effettiva del consumo delle borse in parola”.
Vendita delle buste “sottocosto”
Quanto alla possibilità per gli esercenti di commercializzare le buste sottocosto, il Ministero dello Sviluppo Economico, sempre in risposta ad un quesito, ha ammesso tale facoltà, affermando che:
“(…) l’obbligo di commercializzazione degli shoppers di cui alla citata lettera dd-quinquies è correlato alla finalità generale della disciplina introdotta con le modifiche al citato Decreto Legislativo n. 152, tesa a favorire la riduzione dell’utilizzo delle borse di plastica in materiale ultraleggero diverse da quelle aventi biodegradabilità e compostabilità secondo la norma armonizzata UNI EN 13432:2002, nonché un contenuto minimo di materia prima rinnovabile secondo determinate percentuali standard. Nel caso oggetto della richiesta di parere va però rilevato che gli shoppers in discorso, allo stato, vengono utilizzati negli esercizi commerciali a libero servizio direttamente dalla clientela per inserirvi gli alimenti da acquistare o forniti dagli addetti alla vendita di alimenti freschi e sfusi, con l’evidente finalità di preservarne l’integrità, la freschezza e la qualità. Trattandosi, pertanto, di prodotti utilizzati o forniti solo al fine predetto e peraltro non acquistabili separatamente, la scrivente Direzione Generale ritiene che eventuali pratiche effettuate dalle imprese commerciali e volte ad applicare all’utente finale prezzi inferiori a quelli di acquisto non comportino l’obbligo del rispetto della disciplina di cui al citato Decreto Legislativo n. 218 in materia di vendite sottocosto. Quanto sopra, considerato anche che non risponderebbe a criteri di equità far ricadere sul consumatore finale il costo derivante dall’introduzione e conseguente applicazione di una disposizione avente quale finalità la tutela ambientale”.