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La perdita di Corrado Barberis, Fiesa: lascia un vuoto profondo nella cultura agraria ed enogastronomica italiana.

La notizia della perdita di Corrado Barberis, padre della sociologia rurale, archeologo della tradizione agraria italiana, pioniere della grande valorizzazione del patrimonio enogastronomico nazionale, quando certamente non andava di moda, ci lascia con un grande vuoto. Oggi a parlarci di lui ci sono le innumerevoli pubblicazioni, gli atlanti dei prodotti tipici locali, dal pane ai salumi, dai formaggi alle conserve, gli innumerevoli articoli per le riviste più prestigiose

Per Fiesa Confesercenti una grande perdita. Ancor di più per la cultura dell’agricoltura italiana. Con Fiesa ha collaborato a lungo, dando un contributo fondamentale al premio maestri dell’alimentazione, che riconosceva e stimolava le migliori professionalità della distribuzione alimentare specializzata: macellai, panificatori, salumai, formaggiai ortolani. Figure che oggi riscoprono una centralità professionale un tempo minacciata.

Contribuì con la sua enorme erudizione all’Annuario dei prodotti italiani a denominazione protetta, edito da Edizioni Commercio per Fiesa; se ne è andato all’età di 90 anni. 

“Avevo conosciuto il professore all’Università di Roma sui banchi della facoltà di Scienze Politiche dove insegnava Sociologia Rurale- ricorda Gaetano Pergamo, direttore di Fiesa Confesercenti-Aveva un modo di fare la lezione affascinante, piena di riferimenti e citazioni, parallelismi, in un modo che potrebbe definirsi già interattiva. Da allora Corrado Barberis è stato un riferimento costante per il lavoro che come Direttore della Fiesa nazionale fui chiamato a svolgere.

Barberis è il padre della sociologia rurale e presidente honoris causa dell’Insor, Istituto Nazionale di Sociologia Rurale, ai cui lavori per qualche anno ho partecipato.

Si può ben dire che ha dedicato una vita allo studio delle trasformazioni delle campagne italiane e della storia dei suoi inimitabili e infiniti prodotti, di cui conosceva non solo la storia, l’origine, ma finanche i produttori e i metodi di lavorazione, e anche i migliori rivenditori. L’ultima volta che lo avevo visitato a casa sua è stato per avere dei consigli e delle notizie sulla pizza bianca romana. Fu come entrare in una miniera affollata di voci di contadini, di mugnai, fornai, pizzaioli: dall’antico Egitto all’età romana sino ai nostri giorni. Da quel colloquio nacque il riconoscimento della pizza bianca romana inserita poche settimane fa dal Ministero delle Politiche agricole nell’elenco regionale del Lazio dei PAT. Grazie Professore”