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Intossicazione in pizzeria. I casi d’intossicazione alimentare non devono mai accadere soprattutto se si rispettano i Protocolli di HACCP valevoli anche nelle pizzerie artigianali

pizzaQuello che è accaduto a Battipaglia può essere considerato la punta di un iceberg che emerge in un contesto complesso qual è quello della Sicurezza Alimentare. Se alcuni consumatori mangiano una pizza e si ritrovano in ospedale per intossicazione, significa che qualcosa è venuta meno nella catena di produzione e, soprattutto, nel sistema di autocontrollo sanitario.
Potrebbe essere tutto: un impasto condotto male, una contaminazione secondaria, una o più materie prime contaminate, una o più materie prime contaminate usate per la farcitura, una tecnica di lavorazione particolare (Wild Yeast Water o fermentazioni spontanee) ecc.; certo è che le temperature di cottura di pane, prodotti da forno, pizza non garantisco la sicurezza microbiologica soprattutto in presenza di tossine o spore in quanto non è solamente la temperatura, ma la relazione tempo/temperatura che può permettere di tenere sotto controllo e ridurre drasticamente il rischio dovuto a intossicazioni, infezioni, tossinfezioni alimentari mediante alimenti. A ciò si aggiunga che le temperature che si raggiungono in superficie durante la cottura, non sono le stesse che si riscontrano a cuore del prodotto (molto più basse) e il tempo molto ridotto (pochissimi minuti nel caso di una pizza) non garantisce assolutamente la sicurezza igienico sanitaria. I casi d’intossicazione alimentare così come tossinfezione, infezione, ecc. (cause tutte microbiologiche) non devono mai accadere soprattutto se si rispettano i protocolli di HACCP valevoli anche nelle pizzerie artigianali. La Fiesa Assopanificatori su quest’argomento aveva già lanciato l’allarme a luglio di quest’anno (vedi l’articolo su http://www.fiesa.it/quando-il-non-lievito-o-meglio-il-senza-lievito-diventa-minaccia-reale/) riprendendo l’intervista/denuncia fatta alla Dottoressa Simona Lauri e all’Agente Piero Nuciari e pubblicata su QI, nella quale si sottolineava l’innalzamento del rischio microbiologico nel caso in cui si fosse adottata la tecnica delle fermentazioni spontanee (Wild Yeast Water) come metodica particolare, molto di moda ultimamente, per la preparazione di un impasto. L’illustre parere della Dottoressa Lauri, unitamente a quello dell’Agente Scelto di Polizia Municipale con trentennale esperienza nei controlli presso gli esercizi commerciali, non lasciava adito a dubbi: “… La fermentazione spontanea affidata a microrganismi naturalmente presenti come contaminanti nelle materie prime non garantisce assolutamente la sicurezza igienico – sanitaria, soprattutto nelle condizioni artigianali e casalinghe, poiché la gestione incontrollata artigianale delle fasi iniziali di queste soluzioni zuccherine, contenenti un pool molto eterogeneo di microrganismi può portare a situazioni molto pericolose … A ciò si aggiunga tutta la vasta gamma dei patogeni, tossine, spore, ecc., di cui nessuno può escludere a priori l’assenza. Tra questi, S. aureus, Salmonella, Enterobacteriaceae, Bacillus spp, spore di Clostridium, Lysteria monocytogenese, Pseudomonas, Shigella oltre a tossine mortali prodotte da muffe del genere Aspergillus, Fusarium, ecc.”
Si ribadisce che, nel caso di Battipaglia, le cause possono essere numerose e tutto può essere; ma quello che vogliamo sottolineare è che il reato è da Codice Penale. Pertanto è necessario rispettare scrupolosamente i protocolli igienico sanitari e, a questo punto, ben vengano i controlli preventivi!
La Fiesa affronterà la problematica all’interno dell’Osservatorio sulla Sicurezza Alimentare, appositamente istituito, a garanzia sia dei consumatori che degli operatori onesti e attenti nell’assicurare processi di produzione in un contesto più ampio del “Mangiar sano e sicuro”.

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