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Fiesa Confesercenti in audizione alla XIII Commissione  Agricoltura sulla proposta di regolamentare i prodotti provenienti da filiera corta  e a chilometro zero

 Fiesa Confesercenti è stata audita, lo scorso 3 ottobre, dalla XIII commissione agricoltura della Camera dei Deputati nell’ambito della discussione  sul Progetto di  Legge contenente “Norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta, a chilometro zero o utile”

La Delegazione Fiesa Confesercenti composta dal Dr. Gaetano Pergamo e dal Dr. Alessandro Tatafiore ha evidenziato che “Il tema delle produzioni tipiche e di origine protetta e controllata” oltre che a chilometro zero o utile è per gli esercizi commerciali di vicinato alimentare di rilevante interesse in considerazione della forte specializzazione dell’offerta e dell’imprescindibile legame territoriale. Esso va però declinato con la qualità e la sicurezza alimentare, sotto il profilo igienico sanitario e della corretta informazione al consumatore. Da questo punto di vista la proposta di legge interviene opportunamente a disciplinare una prassi commerciale – quella della vendita dei prodotti cosiddetti a chilometro zero – che al momento non ha una base giuridica. Quella dei prodotti a forte vocazione territoriale, a denominazione protetta, e a consistente valore aggiunto, sono questioni caratterizzanti per la distribuzione commerciale e per gli esercizi di vicinato alimentare che per consistenza e caratteristiche economiche si pongono quale naturale sbocco di mercato per le suddette produzioni.”

Su questo tema la Federazione, sostenuta da Confesercenti nazionale, sta rielaborando una proposta di innovazione legislativa per la corretta valorizzazione degli esercizi di vicinato alimentare, quale presidio delle comunità, operanti all’interno delle filiere dei prodotti agricoli e alimentari territoriali.

In questo ragionamento Fiesa Confesercenti fa rientrare la realizzazione e la normazione di un logo “chilometro zero” che altrimenti rischia di operare sul mercato, come già accade di vedere, senza disciplina e senza controlli, generando aspettative non corrisposte e anche pratiche non corrette. Intorno a questo tema sono sorti negli anni tante esperienze imprenditoriali non sempre coerenti con le premesse del chilometro zero o della produzione agricola in vendita diretta.

La delegazione ha sottolineato che  “Oggi il confronto parte da basi diverse e di piena valorizzazione delle qualità delle produzioni. E’ una buona base di partenza purché non si pensi ad una sorta di autarchia di settore in cui il comparto primario pensi a provvedimenti come questi per perseguire una propria autosufficienza.  Il vero nodo è la modernizzazione della struttura imprenditoriale agricola, la realizzazione di filiere integrate e di organismi interprofessionali oltre al rapporto con la distribuzione. E’ in questa cornice che riteniamo possa maturare un positivo sbocco per le produzioni che si intendono tutelare.”

Fiesa ha quindi segnalto che “C’è poi da considerare che l’obiettivo principale di queste formule ( chilometro zero, filiera corta e vendita diretta) dovrebbe essere quello di vendere prodotti del proprio fondo e invece sui banchi agricoli spesso si trova di tutto. Fiesa Confesercenti ritiene che per tutelare i prodotti a chilometro 0 o a vendita diretta sarebbe necessario prevedere obbligatoriamente, all’interno delle aree vendita predisposte dagli agricoltori,  appositi scaffali destinati ai prodotti del proprio fondo, anche per evitare confusione nei consumatori. Vendite abusive di prodotti non derivanti dalla produzione diretta, a chilometro 0 o utile dovrebbero essere adeguatamente sanzionate.”

“Accrescer la professionalità, specializzare gli operatori dei canali, integrare la filiera è, per la Federazione, la strada da percorrere. Accavallare le funzioni di mercato, despecializzare gli operatori in diverse attività si ritiene  che sia una scelta sbagliata e  di corto respiro. Occorre invece facilitare e favorire le aggregazioni di filiera come gli organismi interprofessionali.  Da questo punto di vista più che incentivare una mission distributiva- estranea alla cultura agricola- si farebbero bene a cantierare interventi di ammodernamento della struttura dell’agricoltura che punti sulle OI.”

Per Fiesa “Il punto invece è il progressivo ridursi degli spazi di mercato dei prodotti alimentari, la cui incidenza sulla spesa finale degli italiani è in continua regressione essendo passata da circa il 35% del 1974 al 13,9% attuale. Su questo dato, peraltro comune a molti paesi europei, occorrerebbe una riflessione ed una elaborazione politica di rilancio e di riacquisizione di valore sul fronte della qualità certificata, dell’origine territoriale, della esaltazione delle tipicità, della professionalità, delle garanzie igieniche e sanitarie. Il peso relativo della spesa per ortofrutta sul totale della spesa è pari al 2,9%, mentre sul totale della spesa alimentare è del 22,7%. La struttura delle mpmi, più adatta a dialogare con il mondo agricolo, dopo aver conosciuto una prolungata dinamica al ribasso, dal 2012 fa segnare dei punti incrementali di interesse, passando dai 122.738 ai 129.778 punti vendita del giugno 2018. Anche l’ortofrutta segna una positiva evoluzione passando da 20.769 a 22.154 punti vendita, con un saldo attivo di 1385 pv, un incremento del 6,7% nel periodo 2018 su 2012 e del 4,5% sul periodo 2018 su 2007. Il dettaglio alimentare cresce complessivamente in tutte le merceologie del 5,7% nel periodo 2018 su 2012.

Stabile nel periodo il canale della GDO.

Fiesa ha sottolineato che “A fronte di questo quadro si segnala un evidente affaticamento del comparto al dettaglio e la necessità di un forte intervento di riqualificazione della rete, con interventi formativi mirati e nuovi format più adeguati ad intercettare la domanda del consumatore del nuovo millennio, più salutista,  per valorizzare e dare valore aggiunto alle produzioni tipiche territoriali, ai prodotti a denominazione e a quelli territoriali”.

Nel merito dell’iniziativa legislativa in discussione, Fiesa Confesercenti ha formulato le seguenti osservazioni:

  • In primo luogo, si auspica, conformemente a quanto previsto dal vigente Decreto legislativo n. 228/2001 e ss. modificazioni (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo) e per la piena valorizzazione dei prodotti esitati che le imprese del comparto agricolo vendano direttamente ed esclusivamente i soli prodotti provenienti dalle rispettive aziende. Tale principio generale concernente la cessione in via esclusiva dei prodotti propri da parte delle imprese, nel rispetto della disciplina comunitaria e nazionale in tema di etichettatura, tracciabilità, igiene e sanità dei prodotti stessi, deriva dalla duplice esigenza di salvaguardare la qualità dei beni commercializzati dalle aziende stesse, nonché tutelare la corretta e trasparente informazione dei consumatori che si recano nei suddetti p.v. con la convinzione di acquistare beni prodotti dall’agricoltore.
  • In secondo luogo, premessa la condivisione della necessità di normare tramite un logo ufficiale la definizione di “prodotti agricolo e alimentare a chilometro zero o utile” contenuta nell’articolo 4 della proposta di legge all’esame, per evitare pratiche non corrette e pubblicità ingannevoli, desta perplessità nella parte in cui stabilisce una soglia fissa di distanza – ritenuta in ogni caso eccessiva – tra le aree di produzione ed il luogo previsto per il consumo. La proposta in questo senso dal nostro punto di vista non coglie il senso pieno del chilometro zero laddove stabilisce distanze di 70 chilometri dal luogo di produzione, art 2, comma 1, lettera a). A tal proposito, occorrerebbe a nostro avviso rimodulare la nozione di prodotti a chilometro zero, valorizzando pienamente il significato intrinseco all’espressione, adottando se è possibile una definizione che si riferisca il più possibile a prodotti ottenuti e venduti nell’ambito del perimetro comunale o al massimo intercomunale di pertinenza. Per il logo “chilometro zero” si ritiene altresì che esso possa essere esibito esclusivamente dalle aziende che esitano prodotti ricavati esclusivamente dai propri fondi e da attività commerciali risiedenti nel medesimo comune o del territorio intercomunale confinante con l’area di produzione. Infine, non è chiara, perché non specificata, la nozione di prodotti da filiera utile.
  • Occorre anche chiarire i ‘prodotti provenienti da filiera corta”, che vuole indicare un’altra tipologia di sistema produttivo-distributivo per i quali le aree di produzione e trasformazione, debbono necessariamente essere ricomprese nei territori di Comuni/Province confinanti e che non abbiano più di due passaggi.
  • Inoltre, riteniamo che l’attuale conformazione di mercato, caratterizzata da forte crisi dei consumi e dei redditi delle famiglie, possa ritenere soddisfacente la già prevista disponibilità dei posteggi nei mercatini rionali, come contemplato dall’art 4, comma 4, D. Lgs. 228/2001, senza ulteriori previsioni in materia.