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Decreto Buoni pasto: stravolta la norma. Fiesa: ora sono come denaro contante

buoni_pastoAgriturismi, coltivatori diretti, spacci aziendali e mercatini sono i beneficiari dell’allargamento della platea degli esercizi che possono accettare i buoni pasto, i ticket che la Pubblica Amministrazione e le aziende assegnano ai dipendenti in sostituzione del servizio mensa.
L’allargamento – per Fiesa – stravolge la norma che mira a dare un trattamento fiscale di favore alla materia, per i lavoratori che li utilizzano in sostituzione del servizio mensa, dunque, nei pressi dei rispettivi uffici e negli orari destinati alla sosta pranzo. La cumulabilità ne stravolge il contenuto, stabilendo che con essi è possibile fare acquisti anche in tempi differiti rispetto alla consumazione del pasto sostitutivo del servizio mensa e di prodotti non immediatamente destinati allo scopo, cioè pronti al consumo in relazione alla pausa da lavoro dedicata al pranzo.
I Buoni pasto sono esentasse (fino a 5,29 euro, fino a 7 quelli elettronici), sono presenti nelle tasche di oltre 3 milioni di lavoratori e sono dunque un giro d’affari notevolissimo, che ad oggi si spendevano (o dovevano essere spesi) solo in bar, ristoranti, trattorie, pizzerie ed esercizi di vicinato alimentare.
In base al Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il loro utilizzo, a partire dal 9 settembre, potrà essere cumulato, mettendone insieme fino a otto alla volta, mentre oggi non era prevista la non cumulabilità, e spesi in circostanze del tutto diverse da quelle delle finalità legislative per cui era stato disciplinato l’apposito regime di maggior favore fiscale; a questo punto, per Fiesa, manca solo la cedibilità e l’equiparazione con il denaro contante è fatta.
Se da un lato si registra la soddisfazione dei nuovi aventi diritto la disponibilità al ritiro, dall’altro il Decreto del MiSE è l’ennesimo regalo alla GDO, che vede riconosciuto un abuso a lungo perpetrato, in barba alle Leggi dello Stato. Invece di regolamentare e sanzionare gli abusi, il Governo opera l’ennesima sanatoria.
La vicenda dei buoni pasto per la verità è nata ed è cresciuta intorno agli abusi, come quelli compiuti dagli emettitori che per lungo tempo avevano escluso gli esercizi di vicinato alimentare, successivamente hanno abusato della loro posizione di mercato per imporre condizioni e regolamenti largamente sfavorevoli agli esercenti (imposizioni di tempi e modalità di riconsegna, allungamento dei tempi di pagamento, contestazioni amministrative fantasiose.
A questo punto, con il superamento degli scopi essenziali del servizio sostitutivo della mensa operato con il Decreto, viene da chiedersi se ha ancora un senso la costruzione legislativa costruita sui buoni pasto e a che pro.
Al momento sembrerebbe solo utile a fare finanza e creare Buoni spesa equiparabili a denaro contante.