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Varato dopo 12 anni il Decreto ministeriale recante disciplina della denominazione di «panificio», di «pane fresco»  e  dell'adozione  della  dicitura  «pane  conservato»

 

Il Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro delle Politiche Agricole  Alimentari,  Forestali  e del Turismo e il Ministro della Salute, ha emanato il decreto interministeriale  1° ottobre 2018, n. 131 in materia di Regolamento recante disciplina della denominazione di «panificio», di «pane fresco»  e  dell’adozione  della  dicitura  «pane  conservato».

Dopo 12 anni di trattative e incontri, di comunicazioni con Bruxelles sulle compatibilità comunitarie, sulla libera circolazione di merci e prodotti, il Mise è riuscito ad emanare un decreto per stabilire ciò che la legge aveva già delineato, ossia un regolamento di disciplina della denominazione di «panificio», di «pane fresco» e dell’adozione  della  dicitura  «pane  conservato».

Tutto questo mentre al Senato è ripartito l’iter di disciplina della materia ben più ampio e articolato.

L’auspicio della nostra Federazione è che si possa utilizzare quale testo di confronto parlamentare l’articolato del DDL del sen Taricco e del sen Mollame, ex testo della PDL Romanini, giungendo quanto prima alla definizione di un testo coordinato in modo da accelerare i tempi di approvazione a Palazzo Madama per giungere velocemente a Montecitorio, considerato che sia alla Camera dei Deputati che al Senato sono state ripresentate iniziative legislative in materia, partendo dallo stesso testo base.

La vera esigenza della categoria è che si faccia presto a varare il testo normativo, a fronte di questo tardivo e non esaustivo decreto che lascia molti aspetti della vita della panificazione senza risposte.

Il testo del DM prevede che per “panificio” si intende l’impresa che dispone  di  impianti  di produzione di  pane  ed  eventualmente  altri  prodotti  da  forno  e assimilati o affini e  svolge  l’intero  ciclo  di  produzione  dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale.

Il DM poi passa alla definizione di “pane fresco” precisando che è denominato «fresco» il pane preparato secondo un processo di produzione   continuo,   privo   di   interruzioni   finalizzate   al congelamento o  surgelazione,  ad  eccezione  del  rallentamento  del processo di lievitazione, privo di additivi conservanti  e  di  altri trattamenti aventi effetto conservante.

E’ ritenuto continuo il processo di produzione per il quale non intercorra un intervallo di tempo superiore alle 72  ore  dall’inizio della  lavorazione  fino  al  momento  della  messa  in  vendita  del prodotto.

Il testo ministeriale poi definisce il “pane conservato o a durabilità prolungata” sancendo che fatte salve  le  norme  vigenti  in  materia,  al   pane   non preimballato ai  sensi  dell’articolo  44  del  regolamento  (UE)  n. 1169/2011 si applicano le disposizioni di cui all’allegato VI,  parte A, punto 1, del regolamento (UE) n. 1169/2011.

Il pane non  preimballato  ai  sensi  dell’articolo  44   del regolamento (UE) n. 1169/2011, per il quale viene utilizzato, durante la sua preparazione o nell’arco del processo produttivo, un metodo di conservazione ulteriore rispetto ai metodi sottoposti  agli  obblighi informativi previsti dalla normativa nazionale e dell’Unione europea, è posto in vendita con una dicitura aggiuntiva che ne evidenzi il metodo di conservazione utilizzato, nonché’ le eventuali modalità di conservazione e di consumo.

Al momento della vendita, il pane per il quale è utilizzato un metodo di conservazione durante la sua preparazione o nell’arco  del processo produttivo, deve essere esposto in  scomparti  appositamente riservati.

“Come dicevamo- ha detto il Presidente dei panificatori Davide  Trombini- il testo del DM è molto schematico e restrittivo rispetto alle disposizioni contemplate nei DDL in esame al Senato e alla Camera e non risponde alle esigenze della categoria che, con ancor maggior vigore, dovrà lottare per vedere approvato il testo di legge che ingloberebbe e supererebbe le definizioni riportate che risentono della lunga trattativa. Si tratta comunque di un primo importante risultato. Ma ribadiamo che alla luce del DM la legge sulla panificazione è ancora più urgente. Per noi infatti il pane ottenuto da cottura parziale e destinato al consumatore finale deve essere contenuto in singoli imballaggi preconfezionati recanti tra l’altro in etichetta la denominazione di pane completata dalla dicitura “parzialmente cotto” od altra equivalente, nonché l’avvertenza che il prodotto deve essere consumato previa ulteriore cottura con determinate modalità; che in caso di prodotto surgelato l’etichetta riporti anche le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari surgelati, nonché la dicitura “surgelato”; che i prodotti ottenuti dalla cottura di impasti preparati con farine alimentari, ancorché miscelati con sfarinati di grano, siano venduti aggiungendo alla denominazione di pane in etichetta anche la specificazione del vegetale da cui proviene la farina impiegata. Vi è poi la questione della professionalizzazione della professione e della regolarizzazione dell’accesso oltre al superamento di tutte le problematiche inerenti la consumazione sul post, temi sui quali il DM non entra, lasciando la materia inalterata.”